La prima luce | Recensione

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La prima luce | Recensione

Un film di Vincenzo Marra con protagonisti Riccardo Scamarcio, nel ruolo di Marco, e  Daniela Ramirez nel ruolo di Martina.

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Il film è uscito lo scorso anno ed ancora non avevo avuto l’occasione di vederlo, se non altro perché solitamente guardo quello che mi attira di più. Ho sbagliato questa volta. Scamarcio nel suo ruolo di padre, di uomo testardo ma innamorato follemente del figlio, è riuscito ad uscire dai soliti canoni che interpreta.

Per certi versi, nella parte centrale del film, ho iniziato ad avere rabbia. Ma andiamo con ordine… La storia inizia con Marco e Martina e il loro figlio di sette anni. Marco molto premuroso con suo figlio, tra loro sembra esserci un rapporto speciale. Ma Martina inizia a soffrire il rapporto con Marco. Sente la mancanza del suo paese, di sua madre, dei suoi affetti. Più volte dice a Marco di voler andare via, ma probabilmente lui non avrebbe mai pensato che un giorno, di punto in bianco, tornando a casa, non avrebbe trovato più nulla. Il vuoto. Inizia così la disperata ricerca di suo figlio. Ma sia i carabinieri, sia il consolato ed altri enti, gli diranno che non sarà facile trovarlo.

Marco decide di partire, vende persino la sua auto pur di trovare suo figlio. Quello sguardo da strafottente, da arrogante, impertinente, pian piano sparisce. Vuole soltanto ritrovare suo figlio. Ma quando, grazie ad un detective privato, trova Martina, arriva la doccia fredda: Marco viene accusato dall’avvocato di Martina di essere un uomo violento, di aver usato violenza nei confronti della donna e del bambino. Questo significa una sola cosa: non poter rivedere più suo figlio.

Qui inizia la mia rabbia, perché fondamentalmente la frustrazione di entrambi, il rancore di Martina, quel non potersi più sopportare reciprocamente, fa uscire fuori dei sentimenti davvero contrastanti. Scamarcio davvero bravo nell’interpretare un uomo che quasi reprime la sua rabbia pur di cercare una soluzione. Lei, invece, sembra volersi attaccare al nulla. Basterebbe ammettere di voler restare nel proprio paese, di essersi rifatta una vita e di mettere dei paletti che in qualche modo tutelino il bambino. Invece, no. Butta tutte le colpe a lui. Marco, d’altra parte, troverà la chiave giusta per riuscire a recuperare la situazione con il tribunale, e alla fine la sentenza sarà definitiva: il tribunale rifiuta la richiesta di Martina, ma mette delle regole ben precise al padre. L’unica cosa che non riescono a capire è che il padre abita in Italia.

E proprio sul finale, quando sta per andare via ma ancora senza aver visto il figlio, decide di tornare indietro e quell’abbraccio finale con il figlio spiega esattamente il senso del film.