Film in tv, stasera su Rai3 La banda degli onesti

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Film in tv, stasera su Rai3 La banda degli onesti

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Antonio Bonocore, portiere di uno stabile di Roma con una moglie tedesca, si trova per caso ad assistere il signor Andrea, un anziano inquilino che, prima di morire, gli rivela di essere in possesso di una valigia con all’interno alcuni cliché originali della Banca d’Italia, di cui egli era stato a lungo dipendente, nonché della carta filigranata per stampare le banconote da 10.000 lire. Il signor Andrea aveva rubato questo materiale con l’intenzione di “vendicarsi” del fatto di essere stato “messo da parte” (cioè mandato in pensione con 28.000 lire al mese, una cifra alquanto bassa per una pensione dell’epoca) e fabbricare soldi falsi ma non aveva mai avuto il coraggio di riuscire nel suo intento, pertanto chiede a Bonocore di buttare nel fiume la valigia distruggendone così il contenuto.

Bonocore però sta attraversando un brutto periodo: persona fondamentalmente onesta, si è rifiutato di diventare complice del ragioniere Casoria, il nuovo amministratore del condominio, che gli aveva proposto di effettuare una serie di operazioni truffaldine ai danni del condominio medesimo, e per tale ragione è sotto minaccia di licenziamento. Egli così decide di non distruggere la valigia, ma ignorando le tecniche di stampa delle banconote, per produrre i pezzi da 10.000 si vede costretto a chiedere la collaborazione del tipografo Giuseppe Lo Turco e, successivamente, del pittore Cardone, tutti e due variamente indebitati come lui.

Facendo leva sui bisogni economici dei suoi compari, organizza delle furtive ed esilaranti riunioni notturne per dar vita a una banda di falsari.
I tre riescono a stampare le banconote e a “spacciarne” una in un bar notturno. Le cose si complicano quando Bonocore scopre che suo figlio maggiore, Michele, finanziere da poco trasferito a Roma, sta seguendo un’indagine relativa ad una partita di banconote false.

Dopo aver sentito alcuni particolari raccontati da Michele, nonché discorsi vagamente allusivi da parte del Maresciallo della Finanza, capo di suo figlio, venuto a trovarlo a casa, vedendo la polizia andare a perquisire la tipografia di Lo Turco (trovata chiusa), e notando strani cambiamenti nel modo di vestire dei suoi “soci” (Lo Turco con scarpe nuove e costose, Cardone con un nuovo paltò), Antonio si impressiona molto. Teme di essere scoperto, con l’aggravante che essendo egli padre di un finanziere, possa costare il posto al figlio. Pertanto prega i suoi compari di non spendere più un soldo, e di disfarsi subito dell’attrezzatura, sotterrandola fuori città.

Il figlio, di passaggio dopo aver fatto un giro con Marcella, la figlia di Lo Turco della quale è innamorato, vedendo casualmente il padre scavare, chiede al padre cosa stia facendo. A Cardone, presente anch’esso, non viene in mente di meglio che dire che stanno sotterrando Mustafà, il barboncino di Bonocore, rimasto sotto una macchina. Antonio è pertanto costretto a sbarazzarsi del cane, e non avendo il coraggio di ucciderlo, lo abbandona sulla strada, legato a una pietra miliare (una “pietra emiliana”, come pronunciato da Totò nelle sue frequenti deformazioni linguistiche). Mustafà però si libera presto e ritorna a casa da sé, proprio durante una visita del Maresciallo, che nota nel portiere uno strano imbarazzo.

Antonio, sentendosi ormai braccato, matura l’idea, che espone a Lo Turco, di farsi arrestare proprio da Michele: un figlio che arresta il padre – egli spiega – non solo non lo cacciano, ma lo promuovono, e diventa un esempio per tutti i suoi colleghi.

Decide perciò di mettere in pratica il suo progetto recandosi di persona in caserma per farsi arrestare dal figlio, il quale crede che voglia scherzare. Ma dopo aver sentito dal Maresciallo che l’indagine seguita da Michele si è chiusa con l’arresto di una banda di falsari professionisti e che il biglietto da lui spacciato era stato sì identificato, ma non era uno di quelli prodotti dai tre, bensì il campione usato, falso anch’esso e cedutogli da un usuraio, certo Pizzigoni, sta quasi per svenire. Scopre poi che nessuno dei suoi soci aveva avuto il coraggio di spendere una sola delle banconote fabbricate (Lo Turco si era fatto prestare i soldi da un compare, Cardone aveva usato i soldi che la sua “mammina” teneva sotto il materasso). I tre, ritrovata la tranquillità, decidono di distruggere tutte le banconote false e la valigia con i cliché, allestendo un falò; come gag finale, Bonocore si accorge (troppo tardi) di aver buttato tra le fiamme, nella foga, anche la busta contenente il suo stipendio.