Francesco Arca in un’intervista rilasciata a “Oggi”: “Sono pronto a diventare papà”

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Francesco Arca, protagonista accanto a Kasia Smutniak di Allacciate le cinture, l’ultimo film di Opzetek che sta riscuotendo un grande successo. Prima parte da protagonista, mostra tutta la sua felicità ma anche dispiacere per chi ancora lo considera soltanto come “tronista”. In un’intervista a “Oggi”  non nega la voglia di paternità. 

Nel 2005 eri uno dei fusti di Uomini e donne. Poi c’è stato il periodo in cui eri legato a Lele Mora. Oggi sei sul grande schermo diretto da un regista importante e in tv fai il commissario Terzani di Rex. Com’è avvenuta la parabola? 
«Dal 2007 in avanti il mio cammino, nonostante le cattiverie che stanno dicendo e che diranno sempre, è fatto di studio e di grande impegno. Poi ha contato molto anche la fortuna, al 70 per cento direi, e spero di averla sfruttata al meglio. Lavorare con Ferzan è stato meraviglioso e semplice perché lui è un vero maestro: io non ho fatto altro che affidarmi e seguire i suoi consigli».  
C’è un dietro le quinte da raccontare?  
«Nella seconda parte del film, Ozpetek mi ha chiesto di ingrassare e io ho messo su 12 chili in 22 giorni. Quando sono arrivato sul set lui, però, non era soddisfatto e mi ripeteva che non ero cambiato abbastanza. Alla fine ha deciso che dovevo rasarmi i capelli a zero. Ecco: i capelli sono il mio tallone d’Achille, ci tengo molto, e sono andato un attimo in crisi. Oltretutto lui ha voluto accentuare la stempiatura per farmi sembrare più vecchio. Per la prima volta ho perso la dimensione del mio aspetto, mi sono visto brutto e ho capito molto cose. È stata una mossa vincente».
Come ci sei arrivato al provino con Ozpetek?  

«Pellegrino, la persona che fa i casting per lui mi aveva visto a teatro e mi ha chiamato. Dopo il provino sono passati  40 giorni e quasi non ci pensavo più perché non volevo sperarci. Mi ha telefonato Ferzan stesso e mi ha detto: “Sarai l’Antonio del mio prossimo film”. Ho messo giù,  sono sceso dalla macchina e  ho fatto il salto più alto della mia vita. Ho urlato di gioia».  

Ti mancano tre esami alla laurea in Scienze Politiche. Perché hai mollato tutto?  

«A 19 anni ho iniziato a lavorare come modello e a girare per il mondo. Sono stato in Sudafrica, in Corea, un anno e mezzo in Grecia… È stato formativo e sono contento perché, dai 18 anni in avanti, mi sono sempre guadagnato la pagnotta da solo. Anche perché soldi a casa mia non ce n’erano. Il mio progetto era diventare paracadutista, come mio padre, oppure lavorare nelle ambasciate perché ho sempre desiderato vivere all’estero. Poi ho incontrato Maria de Filippi e lì sono cambiati i miei progetti. Il tronista l’ho fatto per 90 giorni ma tutti ricordano quello. Accetto le critiche educate e costruttive, le critiche ignoranti, no». 
A quale critica ti riferisci? Cos’è che ti ha fatto così arrabbiare?  

«Taccio. Non voglio mettermi al livello di persone che non stimo».  

Nel film sei Antonio, il marito di Kasia Smutniak, un uomo infedele, taciturno e piuttosto ignorante.  

«È un tipo che non mi piace ma ci lega l’istinto. Anch’io sono così. Lui però è uno che parla poco e male. Ha un livello culturale e sociale basso, ha un’ignoranza che lo porta a essere omofobo e razzista e io non mi rivedo in questi aspetti. La cosa bella di Antonio è che si redime: grazie alla malattia della moglie capisce quanto la ama».
Antonio ha due figli. Tu di recente hai dichiarato che ci stai pensando, a diventare padre.  

«Ho sempre detto che un figlio è il motivo per il quale si nasce. Arriviamo in questo mondo per dare la vita e per me sarebbe un sogno. È una cosa che dicevo anche quando facevo il killer professionista, ovvero il tronista. Forse quando si perde il papà da piccoli, come è accaduto a me, scatta la voglia di emularlo e quindi c’è un forte desiderio di diventare padre».  
Del tuo passato cosa rinneghi?  

«Non rinnego niente però vorrei parlare del film, non di altro. Altrimenti ci salutiamo».  

Il taglio che hai sul sopracciglio è una cicatrice o una depilazione, come va di moda ora?  

«No, è proprio una cicatrice. Ho avuto delle intemperanze giovanili e ho tante cicatrici addosso».  

La tua ex, Laura Chiatti, ha dichiarato che sta ancora pensando a te.  

«Mah. È la solita invenzione giornalistica».  

Dal 2007 al 2009 sei completamente sparito.  

«Una notte ho fatto un brutto sogno, mi sono svegliato alle 4 e 35, ho fatto le valigie e ho lasciato Milano. Ho detto a me stesso “basta”. Volevo andar via, cambiare aria e ricominciare tutto daccapo. Non avevo astio per nessuno, semplicemente volevo un’altra vita. Sono andato a Siena dalla mia famiglia e per tre mesi sono rimasto con mia madre, mia sorella e mia nonna. Poi ho deciso che volevo andare a Roma e ripartire da lì. Nel maggio 2007 mi sono trasferito e ho iniziato a studiare sia recitazione, sia dizione. Niente di accademico però». 

Ti eri dato tempo tre anni per farcela nel mondo dello spettacolo. Poi  avresti cambiato strada. È così?  

«Sì, perché quando non ti riesce un progetto non puoi restare incastrato nel  fallimento. Bisogna rialzarsi, essere operosi e fare altro. Anche per questo motivo in questi anni io ho cercato di investire al di fuori del mondo dello spettacolo. Da poco ho aperto un lounge bar a Roma insieme a Primo Reggiani e Matteo Branciamore. Mi è servito tantissimo per distrarmi, per non pensare sempre al mio lavoro. Desideravo qualcosa di stabile». 
 Mentre eravate sul set del film è girato il gossip che tu e Kasia Smutniak vi eravate innamorati. Ferzan ha detto che l’ha molto divertito questo pettegolezzo.  

«A me è dispiaciuto perché è stato inventato usando una foto di scena in cui io e Kasia siamo in moto insieme. Di tutto quello che potevano dire, è stata la cosa più stupida».  

Hai detto che girare il film ti ha cambiato e da poco sei tornato insieme alla tua ex fidanzata, Irene Capuano. Stai progettando di mettere su famiglia?  
«Il film mi ha fatto fare delle riflessioni importanti ma le cose devono accadere da sole. Succederà. Comunque i bambini arrivano senza stare a pianificare e le nozze per me non sono un punto di arrivo».